martedì 9 aprile 2013

Infortuni sul lavoro, grava sul datore il maggior danno non liquidato dall’Inail

Francesco Machina Grifeo (Guida al Diritto) 21 marzo 2013 - Tribunale di Trento - Sentenza 12 marzo 2013 - A seguito di infortunio sul lavoro, al dipendente va riconosciuto anche il diritto al risarcimento del danno biologico da menomazione permanente eccedente l’ammontare dell’indennizzo erogato dall’Inail: cioè il cosiddetto "danno differenziale". Lo ha stabilito con una articolata sentenza il tribunale di Trento liquidando circa 260 mila euro - di cui 80mila pagati dall’Inail - a titolo di danno "non patrimoniale" ad un uomo che aveva subito una menomazione all’integrità psicofisica del 42% nello svolgimento delle sue mansioni. Secondo il giudice: “Il punto essenziale della questione consiste nello stabilire se il sistema dell’assicurazione obbligatoria gestita dall’Inail svolga o meno una funzione sostitutiva di quella propria del sistema della responsabilità civile”. La diversità ontologica tra indennizzo e risarcimento A questo proposito, osserva la sentenza, la giurisprudenza è unanime nel riconoscere “la diversità ontologica tra indennizzo Inail e risarcimento civilistico in riferimento sia allo scopo (l’uno è volto a garantire, in applicazione dell’art. 38 Cost., i mezzi adeguati al lavoratore infortunato od ammalato per ragioni professionali, l’altro è diretto a ristorare integralmente la lesione al diritto alla salute ex art. 32 Cost. subita dal medesimo), sia alle modalità di attribuzione (certamente più favorevoli per il lavoratore quelle relative all’indennizzo, il quale è contraddistinto da certezza e tempestività in quanto, contrariamente al risarcimento, prescinde dalla solvibilità e dalla volontà del datore di lavoro), sia ai criteri di liquidazione (favorevoli al lavoratore quelli dell’automaticità secondo valori predeterminati e dell’irrilevanza del concorso di colpa previsti per l’indennizzo, mentre in tema di risarcimento il lavoratore è gravato dell’onere di provare il danno subito ed inoltre trova applicazione l’art.1227 co. 1 cod.civ.; svantaggiosi per il lavoratore quelli afferenti la quantificazione del danno risarcibile, stante la discrepanza tra i valori contenuti nelle tabelle di cui al Dm 12.7.2000 ed i parametri adottati dalla giurisprudenza)". La posizione della Cassazione Per esempio in una controversia definita dalla Cassazione (sentenza n. 13887/2004), un dipendente delle Ferrovie dello Stato rimasto vittima di un infortunio sul lavoro, agiva per il risarcimento del danno biologico, pur avendo diritto all’erogazione dell’equo indennizzo (ex art. 68 co. 7 del Dpr 3/1957). A fronte dell’eccezione, sollevata dalla società datrice, secondo cui la disciplina dell’equo indennizzo, in quanto speciale, esclude la risarcibilità del danno biologico, la Suprema Corte, ha statuito che “equo indennizzo e risarcimento, pur avendo lo stesso oggetto ossia la lesione dell’integrità psicofisica, non si identificano in quanto “diversi sono i presupposti normativi” (perché l’uno ha carattere indennitario, l’altro ha natura risarcitoria, l’uno prescinde da qualsiasi inadempimento del datore di lavoro, mentre l’altro presuppone la colpa di costui) e quindi “l‘indennizzo per equo indennizzo non esclude di per sé la più ampia tutela risarcitoria del danno biologico”. Pensione privilegiata e risarcimento In un altro caso (Cassazione 9094/2004), sempre richiamato in sentenza, un carabiniere di leva, essendo rimasto vittima di un infortunio in servizio, pur avendo già ottenuto il riconoscimento della pensione privilegiata (ex art. 64 Dpr 1092/1973) agiva anche per il risarcimento del danno biologico. Di fronte all’eccezione sollevata dall’Amministrazione secondo cui l’ammontare del risarcimento doveva essere diminuito di quanto il danneggiato aveva percepito a titolo pensione privilegiata, la Suprema Corte - “pur ricordando il proprio consolidato orientamento, secondo cui quest’ultima provvidenza ha natura risarcitoria ed affermando che la stessa ristora il pregiudizio all’integrità della persona, prescindendo da indagini sulla capacità di guadagno, e quindi ricomprende anche il danno biologico” - ha ammesso la possibilità di “cumulare la pensione privilegiata con il risarcimento liquidato secondo le regole comuni quando dalla comparazione tra il danno liquidato a nome del codice civile e le somme corrisposte dall’amministrazione (rese omogenee nella comparazione con opportune tecniche di capitalizzazione) risulti che il danno risulti superiore al trattamento corrisposto dall’amministrazione e nei limiti della differenza”. Il ragionamento del giudice A questo punto osserva il giudice diventa “agevole argomentare che, se la Suprema Corte ha ammesso la risarcibilità della quota di danno eccedente l’ammontare di una provvidenza avente natura risarcitoria (qual è la pensione privilegiata), a fortiori lo dovrà essere la quota di danno eccedente l’ammontare di una provvidenza avente natura indennitaria (qual è la prestazione erogata dall’Inail al fine di ristorare il danno biologico permanente)”. Infatti, prosegue il tribunale, “a ben vedere, l’aspetto peculiare del rapporto tra responsabilità civile ed assicurazione obbligatoria gestita dall’Inail non risiede tanto nella risarcibilità del danno differenziale, ma nell’esonero del datore di lavoro dalla responsabilità civile grazie alla presenza dell’assicurazione obbligatoria e fino al concorso delle prestazioni erogate dall’Inail”. In difetto di tale esonero, stante la diversità di funzione (l’una risarcitoria, l’altra indennitaria), non sarebbe consentita neppure la detrazione dell’indennizzo Inail dal risarcimento dovuto dal responsabile civile”. E ciò è quanto accade, per esempio, nei danni provocati dalle vaccinazione obbligatorie dove la vittima può cumulare integralmente l’indennizzo ex lege 210/1992 erogato dallo Stato ed il risarcimento ex 2043 cod.civ. dovuto dall’autore del fatto illecito (Corte Cost. 118/1996). Così anche il risarcimento spettante al pubblico dipendente infortunatosi sul lavoro non viene ridotto da quanto egli ha percepito a titolo di pensione di inabilità (Cass. 10291/2001). Il danno biologico nella sfera Inail Alla base delle decisione, ha ricordato il giudice, vi è il cambio di rotta dovuto alla approvazione del Dlgs 38/2000, articolo 13 commi 1 e 2, a seguito del quale la giurisprudenza della Suprema Corte (ex multis Cassazione 16376/2006) è stata concorde nel ritenere che il danno biologico è entrato nella sfera di operatività dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, consentendo così: a) al lavoratore assicurato di ottenere dall’Inail l’indennizzo del danno biologico permanente previsto dalle nuove norme ex art. 13 Dlgs 38/2000; b) al datore di lavoro assicurante di fruire dell’esonero ex art. 10 Dpr 1124/1965 (abbiamo visto parziale) dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali non più in relazione al solo danno patrimoniale, ma anche al danno biologico permanente; c) all’Inail di agire in via di regresso ex art. 11 Dpr 1124/1965 nei confronti del datore di lavoro penalmente responsabile ed in surrogazione ex art. 1916 cod.civ. nei confronti del terzo responsabile per le somme pagate a titolo di indennità a ristoro deI danno patrimoniale e del danno biologico subiti dal lavoratore assicurato. La quota a carico del datore Dunque la cifra che dovrà essere liquidata dal datore per la menomazione corrispondente al danno biologico permanente corrisponde al cosiddetto danno differenziale, ovvero la somma eccedente l’ammantare dell’indennizzo erogato dall’Inail. A questo proposito la sentenza aderisce all’orientamento della giurisprudenza di merito secondo cui, nel caso di invalidità permanente superiore al 15% e, quindi, di corresponsione da parte dell’Inail, sia della rendita a titolo di danno biologico sia della rendita a titolo di danno patrimoniale (per diminuita capacità di lavoro generica), “dall’importo integrale del danno che deve essere risarcito al lavoratore secondo i criteri civilistici, deve essere detratta la capitalizzazione delle singole poste indennitarie erogate dall’Inail, singolarmente considerate - e, quindi, detraendo dall’ammontare dell’integrale danno biologico spettante al lavoratore la capitalizzazione della rendita erogata dall’Inail per il pregiudizio alla salute, e dal danno patrimoniale la capitalizzazione della rendita per la perdita della capacità di lavoro generica - e non già dall’ammontare del danno complessivamente spettante al lavoratore vada detratta la capitalizzazione dell’intera rendita erogata dall’Inail, (ossia la somma di quella erogata a titolo di danno biologico e di quella erogata a titolo di danno patrimoniale)”.

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