giovedì 27 novembre 2014

Europa: illegittime le pratiche precarizzanti nella scuola, interviene la Corte di giustizia










Corte di giustizia dell’Unione europea

Lussemburgo, 26 novembre 2014

Sentenza nelle cause riunite C-22/13, C-61/13, C-62/13, C-63/13, C-418/13


La normativa italiana sui contratti di lavoro a tempo determinato nel settore della scuola è contraria al diritto dell’Unione

Il rinnovo illimitato di tali contratti per soddisfare esigenze permanenti e durevoli delle scuole statali non è giustificato.

La normativa italiana prevede un sistema per la sostituzione del personale docente e amministrativo nelle scuole statali1. Secondo tale sistema si provvede, in particolare, alla copertura dei posti effettivamente vacanti e disponibili entro il 31 dicembre mediante supplenze annuali «in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali». Tali supplenze sono effettuate attingendo da graduatorie nelle quali sono iscritti in ordine di anzianità i docenti che hanno vinto un concorso, senza tuttavia ottenere un posto di ruolo, nonché quelli che hanno seguito dei corsi di abilitazione tenuti da scuole di specializzazione per l’insegnamento. I docenti che effettuano siffatte supplenze possono essere immessi in ruolo in funzione dei posti disponibili e della loro progressione in tali graduatorie. L’immissione in ruolo può anche avvenire direttamente in seguito al superamento di concorsi. Tali concorsi sono stati tuttavia interrotti tra il 1999 e il 2011.
Le sig.re Raffaella Mascolo e Carla Napolitano nonché altre persone sono state assunte in istituti pubblici come docenti e collaboratori amministrativi in base a contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione. Esse hanno lavorato durante periodi differenti, fermo restando che non sono mai state impiegate per meno di 45 mesi su un periodo di 5 anni. Sostenendo l’illegittimità di tali contratti, detti lavoratori hanno chiesto giudizialmente la riqualificazione dei loro contratti in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, la loro immissione in ruolo, il pagamento degli stipendi corrispondenti ai periodi di interruzione tra i contratti nonché il risarcimento del danno subito.

La Corte costituzionale nonché il Tribunale di Napoli chiedono alla Corte di giustizia se la normativa italiana sia conforme all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato2 e, in particolare, se quest’ultimo consenta il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, senza la previsione di tempi certi per l’espletamento dei concorsi ed escludendo qualsiasi risarcimento del danno subito a causa di un siffatto rinnovo.

Nella sua sentenza odierna, la Corte ricorda innanzitutto che l’accordo quadro si applica a tutti i lavoratori, senza che si debba distinguere in base alla natura pubblica o privata del loro datore di lavoro nonché al settore di attività interessato. L’accordo quadro si applica quindi ai lavoratori – docenti o collaboratori amministrativi – assunti per effettuare supplenze annuali nelle scuole pubbliche. Al fine di prevenire l’utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo
determinato, l’accordo quadro impone4 agli Stati membri di prevedere, in primo luogo, almeno una delle seguenti misure: l’indicazione delle ragioni obiettive che giustifichino il rinnovo dei contratti ovvero la determinazione della durata massima totale dei contratti o del numero dei loro rinnovi. Peraltro, al fine di garantire la piena efficacia dell’accordo quadro, una misura sanzionatoria deve essere applicata in caso di utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato. Tale misura deve essere proporzionata, effettiva e dissuasiva.


Le misure di prevenzione

La normativa italiana non prevede alcuna misura che limiti la durata massima totale dei contratti o il numero dei loro rinnovi; essa non prevede neanche misure equivalenti5. In tali circostanze, il rinnovo deve essere giustificato da una «ragione obiettiva», quale la particolare natura delle funzioni, le loro caratteristiche o il perseguimento di una legittima finalità di politica sociale.
Secondo la Corte, la sostituzione temporanea di lavoratori per motivi di politica sociale (congedi per malattia, parentali, per maternità o altri) costituisce una ragione obiettiva che giustifica la durata determinata del contratto.
La Corte rileva inoltre che l’insegnamento è correlato a un diritto fondamentale garantito dalla Costituzione italiana che impone allo Stato italiano di organizzare il servizio scolastico garantendo un adeguamento costante tra il numero di docenti e il numero di scolari, cosa che dipende da un insieme di fattori, taluni difficilmente controllabili o prevedibili. Tali fattori attestano una particolare esigenza di flessibilità, che può oggettivamente giustificare il ricorso a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato.
Allo stesso tempo, la Corte ammette che, qualora uno Stato membro riservi, nelle scuole da esso gestite, l’accesso ai posti permanenti al personale vincitore di concorso, tramite l’immissione in ruolo, può altresì oggettivamente giustificarsi che, in attesa dell’espletamento di tali concorsi, i posti da occupare siano coperti con una successione di contratti di lavoro a tempo determinato.
Tuttavia – contrariamente a quanto sostiene il governo italiano – il solo fatto che la normativa nazionale, che consente proprio il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura, tramite supplenze annuali, di posti vacanti e disponibili in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali, possa essere giustificato da una «ragione obiettiva» non è sufficiente a renderla conforme all’accordo quadro, se risulta che l’applicazione concreta di detta normativa conduce, nei fatti, a un ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. Ciò si verifica quando tali contratti sono utilizzati per soddisfare esigenze permanenti e durevoli delle scuole statali in materia di personale.
Orbene, la Corte rileva che, nel presente caso, il termine di immissione in ruolo dei docenti nell’ambito di tale regime è variabile e incerto, poiché essa dipende da circostanze aleatorie e imprevedibili. Infatti, da un lato, l’immissione in ruolo per effetto dell’avanzamento dei docenti in graduatoria è in funzione della durata complessiva dei contratti di lavoro a tempo determinato nonché dei posti che sono nel frattempo divenuti vacanti. Dall’altro lato, non è previsto alcun termine preciso per l’organizzazione delle procedure concorsuali. Ne deriva che la normativa italiana, sebbene limiti formalmente il ricorso ai contratti di lavoro a tempo determinato per provvedere a supplenze annuali per posti vacanti e disponibili solo per un periodo temporaneo fino all’espletamento delle procedure concorsuali, non consente di garantire che l’applicazione concreta delle ragioni oggettive sia conforme ai requisiti dell’accordo quadro.

Inoltre, le considerazioni di bilancio non costituiscono di per sé, un obiettivo perseguito dalla politica sociale e, pertanto, non possono giustificare l’assenza di qualsiasi misura diretta a prevenire il ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato.
Di conseguenza, la normativa italiana non prevede alcuna misura diretta a prevenire il ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato.

Le misure sanzionatorie
La normativa italiana esclude il risarcimento del danno subito a causa del ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato nel settore dell’insegnamento. Esso non consente neanche la trasformazione di tali contratti in contratti a tempo indeterminato.
Il fatto che un lavoratore che abbia effettuato supplenze non possa ottenere un contratto a tempo indeterminato se non con l’immissione in ruolo per effetto dell’avanzamento in graduatoria è aleatorio e non costituisce quindi una sanzione sufficientemente effettiva e dissuasiva ai fini di garantire la piena efficacia delle norme adottate in applicazione dell’accordo quadro.
La Corte sottolinea che, sebbene il settore dell’insegnamento testimoni un’esigenza particolare di flessibilità, lo Stato italiano non può esimersi dall’osservanza dell’obbligo di prevedere una misura adeguata per sanzionare debitamente il ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato.
Per tali motivi, la Corte giunge alla conclusione che l’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato non ammette una normativa che, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali dirette all’assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, autorizzi il rinnovo di contratti a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti e di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per l’espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo il risarcimento del danno subito a causa di un siffatto rinnovo.
Tale normativa, infatti, non prevede criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo risponda ad un’esigenza reale, sia idoneo a conseguire l’obiettivo perseguito e sia necessario a tal fine. Essa non contempla neanche altre misure dirette a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo a siffatti contratti.

IMPORTANTE: Il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell'ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di un atto dell’Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile.

NOTE: 1) Legge del 3 maggio 1999 n. 124 - Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico (GURI n. 107 del 10 maggio 1999)

2) Accordo quadro del 18 marzo 1999 che figura nell’allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU L 175, pag. 43).

3) Sentenze della Corte del 4 luglio 2006, Adeneler e a. (causa C-212/04, v. anche comunicato stampa n. 54/06), del 23 aprile 2009, Angelidaki e a. (cause da C-378/07 a C-380/07) e del 11 aprile 2013, Della Rocca (causa C-290/12).


4)Invece, l’accordo quadro non enuncia un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione dei contratti di lavoro a tempo determinato in un contratti a tempo indeterminato (sentenza della Corte del 3 luglio 2014, Fiamingo e .a., causa C-362/13, v. comunicato stampa n. 92/14).

5) Il decreto legislativo n. 368/2001 enuncia che la disposizione secondo la quale i contratti a tempo determinato di durata superiore a 36 mesi sono trasformati in contratti a tempo indeterminato (consentendo così un numero di rinnovi illimitato di contratti) non si applica alle scuole statali.

6) A seconda degli anni e delle fonti, circa il 30%, o addirittura il 61 % del personale amministrativo, tecnico e ausiliario delle scuole statali sarebbe impiegato con contratti a tempo determinato. Tra il 2006 e il 2011, il personale docente di tali scuole vincolato da siffatti contratti avrebbe rappresentato tra il 13% e il 18% di tutto il personale. Nessuna procedura concorsuale è stata organizzata tra il 2000 e il 2011.




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