venerdì 6 maggio 2016

Se la cartella Equitalia è illegittima si ha diritto al risarcimento




Opposizione all'esecuzione
06/05/2016
Se la cartella Equitalia è illegittima si ha diritto al risarcimento
Nel giudizio di opposizione all'esecuzione, promosso avverso una cartella di pagamento, emessa a seguito di mancato versamento di una sanzione amministrativa, sulla base della non titolarità dell'autoveicolo all'epoca dell'accertamento della violazione, il Giudice di Pace di Taranto (con Sent. 30 marzo 2016), se accerta l'erroneità del provvedimento emesso, è tenuto a pronunciarsi in ordine al risarcimento dei danni richiesti, nonché alle spese di lite, avendo il cittadino subito una lesione dei propri diritti.
di Piera Pellegrinelli - Professore a contratto di Diritto dell'arbitrato nell'Università degli Studi di Bergamo
Il caso
Il Giudice di Pace di Taranto è stato chiamato a pronunciarsi in ordine all'impugnazione di una cartella esattoriale.
Si tratta di un giudizio riassunto, atteso che l'opponente aveva previamente instaurato, sempre avanti al Giudice di Pace di Taranto, la controversia ottenendo -a quanto è dato a capire dal testo della pronuncia- un provvedimento a lui sfavorevole, successivamente riformato dal tribunale di Taranto, quale giudice di seconde cure.
Il giudice adito nel presente giudizio concorda con le conclusioni rassegnate nella sentenza del tribunale di Taranto, evidenziando l'ulteriore disagio subito dall'opponente, a fronte di una controversia di facile soluzione, sulla scorta della documentazione versata nel precedente giudizio svoltosi avanti al Giudice di Pace di Taranto.
La controversia concerne l'opposizione all'esecuzione, ai sensi dell'art. 615 c.p.c., promossa avverso la cartella di pagamento n. 106 2011 000 7577165001, dell'importo di euro 2.142,03=, emessa a seguito del mancato versamento della sanzione amministrativa di cui al verbale elevato in data 2 novembre 2009 n. VE70/6204214.
L'opponente chiedeva la dichiarazione di nullità della predetta cartella di pagamento, previa sospensione dell'efficacia esecutiva della stessa, con vittoria di spese. A fondamento della propria richiesta, l'opponente deduceva il difetto di titolarità dell'autoveicolo alla data della violazione, 2 novembre 2009, essendo quest'ultimo di proprietà di un certo P. Giovanni. L'opponente si riteneva estraneo alla violazione contestata e formulava richiesta di risarcimento dei danni subiti.
Si costituivano in giudizio, da un lato, l'agente di riscossione, che impugnava e contestava integralmente l'atto introduttivo del giudizio chiedendo di respingere ogni domanda formulata dall'istante; dall'altro, la Prefettura di Taranto, la quale esibiva copia del verbale notificato al P. Giovanni, quale trasgressore. La Prefettura riconosceva, in pratica, la fondatezza dell'argomentazione svolta dall'opponente.
All'udienza del 6 ottobre 2014, l'Avvocatura di Stato di Lecce faceva pervenire una nota nella quale comunicava lo sgravio in corso a favore dell'opponente.
Il giudizio proseguiva al fine di valutare la richiesta formulata dall'opponente, volta ad ottenere il risarcimento dei danni subiti.
Le parti precisavano le conclusioni e discutevano la causa all'udienza del 10 dicembre 2015. Il Giudice di Pace, non ritenendo necessaria alcuna istruttoria, tratteneva la causa in decisione.
La decisione del Tribunale
Con Sent. 30 marzo 2016, il Giudice di Pace di Taranto accoglieva l'opposizione all'esecuzione, promossa avverso la cartella di pagamento, condannando la Prefettura di Taranto al risarcimento dei danni, nonché al pagamento delle spese di lite.
In via preliminare, il Giudice adito faceva proprie le conclusioni rassegnate dal Tribunale di Taranto, adito quale giudice d'appello a seguito della pronuncia della sentenza del Giudice di Pace di Taranto.
Al fine di individuare il soggetto nei cui confronti deve essere notificato l'atto di opposizione ex art. 615 c.p.c., avverso la cartella di pagamento, occorre riferirsi a due disposizioni: l'art. 11R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611 e l'art. 7,D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150.
Il R.D. n. 1611 del 1933 è rubricato "Approvazione del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato".
A mente dell'art. 11 del provvedimento citato, "le citazioni, i ricorsi e qualsiasi altro atto di opposizione giudiziale, nonché le opposizioni ad ingiunzione e gli atti istitutivi di giudizi che si svolgono innanzi alle giurisdizioni amministrative o speciali, od innanzi agli arbitri, devono essere notificati alle Amministrazioni dello Stato presso l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l'Autorità giudiziaria innanzi alla quale è portata la causa, nella persona del Ministro competente. [...] Le notificazioni di cui ai comma precedenti devono essere fatte presso la competente Avvocatura dello Stato a pena di nullità da pronunciarsi anche d'ufficio".
Il D.Lgs. n. 150 del 2011 è rubricato "Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell'articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69".
Secondo l'art. 7, comma 5, del provvedimento citato, "la legittimazione passiva spetta al prefetto, quando le violazioni opposte sono state accertate da funzionari, ufficiali e agenti dello Stato, nonché da funzionari e agenti delle Ferrovie dello Stato, delle ferrovie e tranvie in concessione e dell'ANAS spetta a regioni, province e comuni, quando le violazioni sono state accertate da funzionari, ufficiali e agenti, rispettivamente, delle regioni, delle province e dei comuni"; il successivo comma 8 prevede che "nel giudizio di primo grado le parti possono stare in giudizio personalmente. L'amministrazione resistente può avvalersi anche di funzionari appositamente delegati".
Le disposizioni normative sopra citate indicano chiaramente che i ricorsi, e qualsiasi atto di opposizione giudiziale, nonché le opposizioni ad ingiunzione e gli atti istitutivi di giudizi che si svolgono innanzi alle giurisdizioni amministrative, devono essere notificati alle Amministrazioni dello Stato presso l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha sede l'autorità giudiziaria innanzi alla quale è portata la causa (così: Cons. di Stato, Sez. VI, 22 gennaio 2015, n. 237).
L'amministrazione, secondo una sua valutazione, può avvalersi di propri funzionari, ovvero essere assistita dalla difesa dell'Avvocatura dello Stato. Rileva correttamente il Giudice di Pace adito che la scelta di utilizzare propri funzionari risponde ad un'esigenza di economia processuale; per contro, la difesa dell'Avvocatura dello Stato sarà opportuna in casi che presentino particolari difficoltà processuali.
Il caso analizzato è, dal punto di vista fattuale, semplice atteso che già all'udienza del 6 aprile 2014 la Prefettura di Taranto, tramite l'Avvocatura di Stato, esibiva copia del verbale notificato a P. Giovanni, in qualità di trasgressore. Tale dichiarazione confermava la tesi sostenuta dall'opponente: all'epoca della contravvenzione -ovvero il 2 novembre 2009- questi non era il proprietario del veicolo, pertanto la cartella di pagamento era stata erroneamente emessa. L'opponente risultava così estraneo da qualsiasi responsabilità relativa alla violazione di cui al verbale di pagamento, posto a base dell'emissione della cartella esattoriale.
La pronuncia è di particolare interesse perché riconosce all'opponente la possibilità di ottenere nei confronti della Prefettura di Taranto soccombente, oltre alla condanna alle spese processuali, il risarcimento dei danni subiti.
Il capo della sentenza che condanna la Prefettura di Taranto al pagamento delle spese processuali discende dalla sua soccombenza nel merito. Sulla scorta dell'art. 91 c.p.c. "il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa". Come noto, la parte soccombente del giudizio è tenuta a rimborsare le spese di lite a favore dell'altra parte. L'art. 92 c.p.c. prevede la possibilità per il Giudice adito di compensare le spese processuali. Nel caso di specie trova applicazione l'art. 92, comma 2, c.p.c. nella previgente formulazione, a mente della quale "se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti". È possibile la compensazione delle spese, oltre alla fattispecie della soccombenza reciproca, allorquando concorrono gravi ed eccezionali ragioni.
Il Giudice di Pace adito esclude che nel caso di specie possa farsi luogo alla compensazione delle spese legali, la quale non può trovare applicazione neppure considerando che la parte avrebbe potuto difendersi personalmente in giudizio, senza l'ausilio di un difensore. Il cittadino, invero, nel farsi assistere da un professionista, ha esercitato dei diritti espressamente attribuitigli dall'ordinamento giuridico e garantiti dalla Carta costituzionale. Occorre, altresì, considerare la sua inesperienza, non solo con riferimento alle norme sostanziali e processuali, ma anche con riguardo agli uffici ed alle loro prassi (Cass., 19 novembre 2007, n. 23993).
Il potere di compensazione delle spese processuali può ritenersi legittimamente esercitato da parte del giudice in quanto risulti affermata e giustificata, in sentenza, la sussistenza dei presupposti cui esso è subordinato, sicché, come il mancato esercizio di tale potere non richiede alcuna motivazione, così il suo esercizio, per non risolversi in mero arbitrio, deve essere necessariamente motivato, nel senso che le ragioni in base alle quali il Giudice abbia accertato e valutato la sussistenza dei presupposti di legge devono emergere, se non da una motivazione esplicitamente "specifica", quanto meno da quella complessivamente adottata a fondamento dell'intera pronuncia, cui la decisione di compensazione delle spese accede, onde la mancanza assoluta di motivazione, implicita od esplicita, della decisione di compensazione delle spese integra gli estremi della violazione di legge, denunciabile e sindacabile anche in sede di legittimità (Cass., 25 gennaio 2006, n. 1422Cass., 15 marzo 2006, n. 5783).
Giova osservare che l'art. 92, comma 2, c.p.c. è stato recentemente modificato dall'art. 13D.L. n. 132 del 2014, convertito con modificazioni in L. n. 162 del 2014. La formulazione attuale della norma consente la facoltà di compensare le spese legali al ricorrere di ipotesi tassative, ovvero nel caso di:
  • (i) soccombenza reciproca;
  • (ii) assoluta novità della questione trattata;
  • (iii) mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti.
La norma circoscrive il potere discrezionale del giudice che, con l'espressione "gravi ed eccezionali ragioni", aveva contenuti più ampi.
La condanna della Prefettura di Taranto al pagamento delle spese legali si giustifica alla luce del comportamento della pubblica amministrazione la quale deve agire con la normale diligenza e deve provvedere in autotutela alla cancellazione dei provvedimenti erroneamente emessi.
Si tenga altresì in considerazione che, come noto, il giudizio promosso dall'opponente ha comportato l'obbligo del pagamento del contributo unificato.
Il capo della sentenza relativo alla condanna della Prefettura di Taranto al pagamento della somma di euro 500,00 a titolo risarcimento dei danni, pur essendo condivisibile nel merito, merita di essere censurato nella parte in cui non risulta provvisto di idonea motivazione. Dalla lettura della sentenza non è dato a capire in base a quale ragionamento il Giudice sia pervenuto a quantificare in euro 500,00 l'importo del risarcimento del danno. Anche in punto an sarebbe stato preferibile argomentare compiutamente le motivazioni che fondano l'accoglimento della domanda di risarcimento del danno.
L'art. 111 Cost. stabilisce che "tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati". A sua volta, l'art. 132 c.p.c.esige che la sentenza contenga "la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione". L'obbligo della motivazione assicura, in concreto, il perseguimento di diversi principi costituzionali, quali: il diritto di difesa, l'indipendenza del giudice e la sua soggezione alla legge, nonché il principio di legalità.
Ai sensi dell'art. 118, comma 1, disp.att.c.p.c., la motivazione della sentenza consiste "nella concisa esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi". In essa "debbono essere esposte concisamente e in ordine le questioni discusse e decise dal collegio ed indicati le norme di legge e i principi di diritto applicati. Nel caso previsto nell'articolo 114 del codice debbono essere esposte le ragioni di equità sulle quali è fondata le decisione".
La violazione dell'obbligo di motivazione determina l'invalidità del provvedimento giurisdizionale e può essere fatta valere attraverso il sistema delle impugnazioni.
Esito del giudizio:
Annullamento della cartella di pagamento impugnata; condanna della Prefettura al risarcimento dei danni; condanna della Prefettura al pagamento delle spese di lite, così come liquidate in sentenza.
Giudice di Pace di Taranto, 30 marzo 2016, n. 1089 - fonte: Il quotidiano giuridico

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